Via col Vento è una pietra miliare del cinema mondiale, un kolossal del 1939, tratto dall’omonimo romanzo di Margareth Mitchell del 1936, ambientato negli Stati Uniti meridionali durante la guerra di secessione e la successiva ricostruzione dell’unità nazionale.
Ricevette un’accoglienza come pochi altri film nella storia e, in un periodo nel quale la giuria di Hollywood era più seria, vinse la bellezza di 8 premi Oscar, un record per i tempi. Il premio di miglior attrice non protagonista andò ad Hattie McDaniel, prima afroamericana a vincere un Oscar.
Se oggi è tornato agli onori della cronaca è perché è assurto a nuovo nemico della sinistra iconoclasta, quella sinistra libdem che oggi fa del politicamente corretto e dell’unipensiero l’unico argomento a sua disposizione, che in nulla diverge, nel perseguimento di esso, dall’ISIS.
Perché è impensabile tacciare un film del 1939 di razzismo nel momento in cui lo stesso film parlava di una realtà, quella americana della secessione, nella quale vigeva un determinato status quo. Perché è impensabile tacciare un film ambientato nella Georgia schiavista di razzismo, dal momento che tale film ha consentito la vittoria del primo Oscar.
Ma nulla di ciò, nessun richiamo alla ragione può frenare l’ira distruttrice e cieca dei talebani rossi, di persone il cui cervello sembra aver scambiato la posizione con altra parte anatomica, da cui derivano determinati ragionamenti non corretti, per usare un eufemismo.
Perché il colosso del cinema HBO, con una decisione totalmente insensata, ha deciso di rimuovere il film dal suo catalogo online, “per riprogrammare…l’offerta in modo da…fornire ai nostri clienti contenuti adeguati al periodo storico”.
Ci sono due dati da leggere in questa storia paradossale.
Il primo è che, come detto, il buonismo della sinistra iconoclasta e talebana è tale da muovere dall’unica base dell’ideologia cieca: nulla di ciò che fa ha senso, nulla di ciò che afferma ha una sua logica, nulla di ciò che pone in essere è meritevole di un’analisi seria: è semplicemente l’annientamento del pensiero nella sua forma più subdola.
Il secondo, ancor più grave, è che, unicamente per il quieto vivere e uniformarsi alle masse, un gigante cinematografico è arrivato ad eliminare un kolossal senza tempo dal suo catalogo di offerte pur di non scontentare una massa di scimmie urlanti, perché tali sono coloro che, urlando hashtag dei quali ignorano il significato, si macchiano di crimini assurdi nei confronti di loro stesso e dell’Occidente libero nel quale vivono.
Basti pensare agli ultimi 2 giorni: dalle follie del sindaco islamico di Londra, Khan, che ha autorizzato l’abbattimento delle statue raffiguranti personalità di epoca coloniale; alla vandalizzazione della statua di Churchill, sempre a Londra, in Parliament Square; alla decapitazione della statua di Cristoforo Colombo a St. Paul, in Minnesota; al ritiro – e qui siamo all’assurdità più totale – dei “Moretti”, i dolci alla panna e cioccolato prodotti da una nota azienda dolciaria svizzera.
Il tutto per assecondare le proteste di piazza: nemmeno in Italia siamo immuni da questa improvvisa esplosione di umana stupidità. Il collettivo dei “Sentinelli” e il PD, a Milano, hanno proposto l’abbattimento della statua di Indro Montanelli nei giardini cittadini a lui dedicati. Proposta – fortunatamente – bocciata dalla giunta.
Davanti a tutto ciò non è possibile scorgere alcuna differenza tra gli invertebrati nelle piazze, sospinti dai libdem pur di cercare di battere Trump tra qualche mese, e i talebani che hanno seminato morte, distruzione ed hanno fatto a pezzi la storia artistica del Medio Oriente.
Di fronte a questa follia c’è solo da dismettere le buone maniere e combattere il politicamente corretto, sperando che verranno tempi migliori. In fin dei conti, come disse Rossella O’Hara, “Dopotutto, domani è un altro giorno”.