Vogliono imbavagliare l’unica opposizione.

I buontemponi sarcastici sulla denuncia di Giorgia Meloni riguardo la sua esclusione da “domenica in” in genere venderebbero la propria madre per un minuto in programmi di quarta serata. Invece il tema è serissimo perché è uno dei tanti segnali preoccupanti , e sempre più fitti negli ultimi giorni, di tentativo di imbavagliare l’opposizione.

Da giornali di “area”, in cui spariscono editorialisti vicini all’opposizione o che diventano piccole macchine di propaganda pro Draghi ai rumeur inquietanti su patti trasversali per non lasciare in Rai nessuna voce riconducibile all’opposizione, fino alle proposte di fusioni partitiche che, come dice l’amico Giovanni Orsina intervistato oggi per “la Verità” hanno il solo obiettivo di “rendere Meloni un partner minore” (ma L’intervistato è molto scettico sulla fattibilità della impresa) . E, da ultimo, l’editoriale,  sempre di oggi,  del “Corriere della sera” a firma di Ernesto Galli della Loggia, che ribalta il suo stesso giudizio di qualche giorno fa e chiede che Meloni si smarchi dal fascismo! Un tema attualissimo. Dove tra l’altro non si capisce perché, giustamente, non si chiedevano patenti di antifascismo ad Alleanza nazionale e li si esigono ora da un partito il cui segretario è , tra l’altro, presidente dei Conservatori europei. Ovvio che sia del tutto strumentale rispolverare un fascismo immaginario

Cosa è accaduto? È successo che il consenso al governo Draghi, rimasto alto nonostante le iniziali difficoltà, non ha punito l’opposizione, anzi Fratelli d’Italia cresce nei sondaggi come se a guidare l’esecutivo fosse … Fratoianni. Al contario, quando il consenso dell’esecutivo cresce , scende quello della opposizione. Inoltre gli italiani mostrano di sapere benissimo che Fratelli d’Italia costituisce una opposizione non distruttiva e catastrofista, senza cadere nell’altro estremo della finta opposizione (un fenomeno ben noto nel nostro paese). Gli italiani infine hanno riconosciuto in Giorgia Meloni (sintomo anche il successo del suo volume) l’anti Draghi e non perché vi sia astio o ostilità tra i due ma perché il modello Meloni è completamente diverso dal modello Draghi. Tanto è vero che le riconoscono il physique du rôle , per cosi dire , di premier, al di là dei numeri reali in termini di voti.

Ora che il governo Draghi si avvia verso una seconda fase per molti versi più  perigliosa della prima (si controlla tutto meglio sotto lockdown) ci sono insomma gruppi e grumi di poteri,  trasformisticamente accasati dentro la balena neo andreottiana dell’ex capo Bce (come l’ha definita Rino Formica) che vedono l’ascesa di Giorgia Meloni come un oggettivo pericolo. E ne hanno ben donde. E si muovono, con i legami robusti di cui dispongono, per cercare di frenarla.

Con i soliti metodi: bavaglio sue reti pubbliche e sui giornali, demonizzazione attraverso fake news, isolamento negli spazi istituzionali, anche quelli regolati dalla legge. E poi lei, l’Arma suprema, la magistratura.

Restiamo ben ritti sulle funi, perché nei prossimi mesi la nave ballerà non poco.

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Marco Gervasoni
Marco Gervasoni
Marco Gervasoni (Milano, 1968) è professore ordinario di Storia contemporanea all’Università degli Studi del Molise, editorialista de “Il Giornale”, membro del Comitato scientifico della Fondazione Fare Futuro. Autore di numerose monografie, ha da ultimo curato l’Edizione italiana delle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia di Edmund Burke (Giubilei Regnani) e lavora a un libro sul conservatorismo.

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