Il 4 Marzo scorso c’è stato un attacco per il controllo della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, vicino ad Enerhodar, nel sud-est del paese. E’ stato colpito un edificio definito “non critico” posto nel complesso della centrale e nessun reattore è stato coinvolto.L’edificio ha preso fuoco che è stato prontamente domato ed essendo l’attacco avvenuto di notte, non ci sono stati feriti tra il personale della centrale.
Nel panico generale fomentato da articoli imprecisi il direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), Rafael Mariano Grossi, ha affermato che i reattori continuano ad operare in sicurezza e che i rilevatori continuano a segnalare livelli di radiazioni normali.
L’apprensione del conflitto ha scatenato paure irrazionali circa il danneggiamento o addirittura l’esplosione della centrale in stile Chernobyl e alcuni politici italiani hanno subito cavalcato l’onda mediatica sciacallando l’idea di un ritorno al nucleare in Italia.
Ma al giorno dell’attacco Grossi fa sapere che cinque dei sei reattori di Zaporizhzhia erano stati chiusi. Dei 15 reattori nucleari presenti sul territorio ucraino che forniscono la metà della sua elettricità, solo Zaporizhzhia ha una potenza complessiva installata di di 6 gigawatt, è infatti la centrale nucleare più grande dell’Europa.
Oltre alla centrale dismessa di Chernobyl, ora la Russia quindi controlla quasi la metà della potenza installata nucleare dell’Ucraina. Ma la cosa che lascia sgomenti è che solo adesso si affronta con toni allarmistici i pericoli veri o presunti di reattori nucleari ubicati all’interno di un conflitto militare.
In un recente articolo, Nature ha chiesto a diversi esperti un commento sui rischi e pericoli reali. Il direttore del Center for Nuclear Engineering presso l’Imperial College di Londra, Michael Bluck, afferma: “se un missile si smarrisce, sono meno preoccupato per [questo]. Si tratta di strutture molto robuste”. Sebbene sia molto allarmante che una forza militare tentasse deliberatamente di violare la struttura di contenimento, è anche improbabile che un colpo accidentale possa provocare un danno catastrofico.
Gli impianti della centrale ucraina hanno più sistemi di backup di sicurezza. In particolare i reattori della centrale di Zaporizhzia sono VVER-1000, hanno un involucro esterno a prova di artiglieria e tre strati di barriere per ridurre il rischio di fuoriuscita di materiale radioattivo. Tanto per fare un confronto a Chernobyl il nocciolo era scoperto.
Secondo Koji Okamoto, ricercatore sulla sicurezza nucleare dell’Università di Tokyo, “la struttura di contenimento potrebbe avere una resistenza alle armi normali”. Nel caso in cui i sistemi di raffreddamento primari venissero danneggiati in un VVER-1000 sono presenti diversi sistemi alternativi “quindi non sarà immediatamente pericoloso” afferma Okamoto. Se il nocciolo di un reattore dovesse fondersi, grazie alle barriere non causerebbe un rilascio importante di materiali radioattivi.
Adiacenti al nocciolo ci sono comunque le piscine per il contenimento delle barre di uranio già utilizzate nell’impianto e che devono ridurre la radioattività e la temperatura dopo l’esercizio nel nocciolo. Danni a una di queste piscine, accidentali o intenzionali, potrebbero causare la fuoriuscita o l’ebollizione dell’acqua. Senza un adeguato raffreddamento le aste si surriscalderebbero provocando un incendio non paragonabile al disastro di Chernobyl del 1986, un tale incendio potrebbe al massimo essere pericoloso per le persone nelle vicinanze dell’impianto.
Su una cosa gli esperti sono d’accordo: il reale pericolo di una tale crisi potrebbe essere correlato alla psicologia e al modo in cui le persone, inclusi politici e responsabili politici, reagiscono alla paura. “Le persone non giudicano bene il rischio delle radiazioni e sono molto più spaventate, spesso, di quanto dovrebbero”, dice Cheryl Rofer scienziata nucleare in pensione del Los Alamos National Laboratory.
Fonte: https://www.nature.com/